Il Mondo Islamico e il Fondamentalismo

Il fondamentalismo condiziona la libertà di culto.

Con fondamentalismo islamico[1] si usa definire nei media occidentali, almeno a partire dalla nascita della Repubblica Islamica nell'Iran sciita, quella corrente di attivismo politico e teoretico che si richiama esplicitamente ai valori che i devoti considerano fondanti dell'Islam delle origini.
L'espressione "fondamentalismo"- malgrado uno scorretto accostamento all'analogo concetto insorto in ambiente cristiano - può essere ricollegabile al sostantivo utilizzato dai militanti di "asāsiyyūn" (dall'arabo asās: "basi, fondamenta").
Invece la definizione - spesso adottata dai mass media - di "integralismo" islamico costituisce né più né meno che una tautologia, per la difficoltà tutta islamica di accettare un sistema di vita in cui la commistione degli aspetti religiosi e mondani non sia, per definizione, "integrale".
I musulmani, infatti, vogliono dare (e finora danno) al mondo una lettura basata sul legame fra precetti religiosi e l'ordinamento della società, dello Stato e del potere, racchiusa dall'espressione dīn wa dunya, ovvero "religione e mondo".
Per un credente musulmano è infatti "miscredenza" riservare l'espressione della propria fede a una sfera intima della propria coscienza, senza influenzare e modellare il mondo esterno su di essa.
L'unica eccezione ammessa per separare i due aspetti della propria fede è quando il musulmano si trovi in una condizione di grave e imminente pericolo per sé o la propria fede, come nel caso in cui ci si trovi in un paese non islamico in condizione di minoranza discriminata, in ambienti quindi decisamente ostili.
In questo caso è perfettamente legittimo il ricorso all'espediente della taqiya, cioè la dissimulazione della fede e delle sue cerimonialità liturgiche: fenomeno questo particolarmente sviluppatosi nello sciismo, quando esso si venga a trovare circondato da una forte maggioranza sunnita.

 

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